Putridume iridescente con sgommata scintillante

Putridume iridescente con sgommata scintillante: la tragica storia d’amore di Safa e Bahram.

I racconti erotici del Sig. Rudolf, tra meteorismo, escort di lusso, alcolismo e analità.

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Dopo mesi di faticosa fuga dai creditori che mi vogliono ormai morto, mi sono ritrovato nell’Azerbaigian. Non è propriamente uno dei luoghi in cui mi fermerei perché non esistono escort di lusso, né modelle escort di alta classe. La connessione internet è instabile quindi, anche cercare in rete accompagnatrici di lusso bellissime che possano farmi compagnia, è stato davvero arduo. Ho cercato siti di cortigiane di alto livello facendone venire qui una dall’Italia.

Mi è costata un occhio della testa, ma ne è valsa la pena perché questa escort raffinata mi ha spiegato un po’ la storia del paese in cui ho trovato temporaneo rifugio unitamente alle vicende dei suoi abitanti. Abbiamo trascorso due notti di passione cocente e, tra uno stuzzichino di montone (le polpette di Fisincan) e di uccelletti colorati ancora parlanti, mi ha raccontato la decadente e tragica storia d’amore di Safa e Bahram.  

Putridume iridescente con sgommata scintillante: la novella erotica leggendaria.

Sulla cima sperduta delle montagne del Nakhchivan, a più di 3000 metri di altezza, viveva Safa, una donna che soffriva di obesità. Era alta solo 135cm e pesava 160 kilogrammi; in pratica aveva le fattezze di un enorme mappamondo umano con attaccate due gambette e due braccine smilze. La sua vita si svolgeva in una baracca fatiscente, con le finestre o senza vetri o stuccate di fretta e col culo anni e anni prima. La porta d’ingresso era formata da un accorpamento di cassette della frutta, tutti segnali di una vita allo sbando, l’istantanea dello stato d’animo di anime perse in un labirinto di miserie.

Alla donna questo non importava: nessuno le sarebbe entrata in casa né a rubare né a violentare il suo flaccido corpo quasi sferico. Nella stessa dimora abitava Bahram, un uomo anoressico e dallo sguardo spento i cui bulbi oculari sembravano essere stati prosciugati dalle troppe lacrime versate nel corso della sua miserabile esistenza. Pareva una salma ancora deambulante, eppure, egli sorrideva sempre mostrando, oltre all’inesistente dentatura, una miracolosa capacità di rinascita dalle proprie ceneri.

Putridume iridescente con sgommata scintillante: un amore sensuale e bohemien

Bahram era consumato dal vizio del gioco. Investiva i pochi soldi guadagnati dal suo lavoro come becchino, tentando quasi ogni giorno la fortuna al Lotto. La casa di questa coppia di derelitti non aveva citofono né telefono, poiché ogni paga che entrava nelle loro tasche veniva devoluta al sogno di un’impossibile vittoria. Le abitudini di Safa erano altrettanto anomale. Il suo amore per l’aglio e le cozze le causava disturbi intestinali, creando un ambiente olfattivo che sfidava ogni senso di decenza.

I conseguenziali peti, che lasciavano sulle mutande strisce di merda colorate di un marrone brillante e intenso, erano il riflesso del suo spirito ribelle e del suo corpo indisciplinato. Per andare a fare la spesa al Conad, Safa si lanciava rotolandosi dalla cima della montagna, per poi giungere al supermercato frantumando sempre almeno tre vetrine. Le commesse, grandi esperte di matematica e fisica, furono sconvolte da tale disumana potenza motrice che calcolarono minuziosamente.

Al fine di farle pagare i danni procurati, l’assunsero come tester di tutto il cibo proveniente dall’Ucraina perché presumibilmente contagiato dall’Uranio impoverito.

Safa ebbe sempre fortuna e non si avvelenò. In compenso ingrassò di altri 100 kg.

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In quel tugurio privo persino di riscaldamento, l’inverno era un nemico spietato. Per sopravvivere alle gelide notti, Safa e Bahram, si scaldavano bevendo litri e litri di vino Tavernello, cercando un tepore illusorio nelle loro anime sfinite. La relazione tra i due poveri squattrinati era caratterizzata dal caos emozionale e talvolta dal puro delirio. Litigavano continuamente, lanciandosi insulti fino a tarda notte. Le parole taglienti risuonavano attraverso le mura scrostate e in quelle zeppe di muffa.

Fu durante uno di quei momenti di rabbia che la loro storia prese una piega ancora più stravagante. Bahram, preso da un impeto d’ira, si preparò a rompere il bidet, ma giusto qualche secondo dopo, si rese conto che non ne possedeva nemmeno uno. Improvvisamente il suo desiderio di pulizia si trasformò in una follia autodistruttiva. Tentò di lavarsi il pene con l’ausilio del lavandino, alzando la gamba come fanno i cani, ma il destino gli giocò un brutto scherzo: cadde per terra rompendosi entrambi gli arti inferiori.  

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Safa, spaventata e disperata, cercò di soccorrerlo ma scivolò rovinosamente sull’urina lasciata dal marito sopra il pavimento la sera prima quando, da ubriaco, le volle fare un simpatico dispetto, pisciando ovunque, pure sui muri. Si ruppe anche lei le gambe. Entrambi bloccati, strisciarono come vermi feriti; due corpi deformi che cercavano disperatamente l’unione carnale. In quell’assurdo amplesso, provarono il piacere nel dolore, una bislacca ricerca di connessione e comprensione tra due spiriti smarriti.

Nell’ intreccio complesso dei loro corpi feriti e delle loro menti confuse, i due coniugi ritrovarono una strana forma di felicità, vari orgasmi nascosti nelle pieghe della malattia mentale. Mentre si trascinavano faticosamente sul pavimento lercio, Safa e Bahram realizzarono che, nonostante tutte le loro incomprensioni, erano legati da un sentimento che sfidava qualsiasi logica. Potrebbe interessarti:

Putridume iridescente con sgommata scintillante: la tragedia si consuma

Restarono in quella posizione per trenta giorni fino a che un gruppo di vigili del fuoco non intervenne grazie ad una segnalazione dei vicini perché vi era un odore che faceva pensare alla presenza di cadaveri putrescenti. La scena che si presentò sotto gli occhi dei pompieri era surreale. I due gracchiavano come rane in uno stagno, dimenandosi e gemendo di piacere in quello che era il loro lurido bagno, immersi in un tripudio di merda, piscio e sperma.

Gli uomini accorsi pensarono a lungo sul da farsi optando poi per dare fuoco all’intero alloggio, incuranti delle vite dei due amanti ancora avviluppati in un intenso e ipnotico abbraccio sensuale che li aveva resi inconsapevoli della presenza di estranei e della tragedia che da lì a poco si sarebbe consumata. E così, in quella catapecchia dalle finestre rotte, circondati dal freddo dell’inverno e dall’odore di vino a basso costo, Safa e Bahram vennero arsi vivi senza pietà.

Furono poi ritrovati carbonizzati ma ancora abbracciati. Non si accorsero di nulla.  

 

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